Il tempo di un'idea

Ho speso notti insonni per diventare adulta...ho speso bufere di lacrime e rovesciato stelle sulla terra...quel senso di estraneità che non comprendevo mi si era appiccicato addosso come colla. Da dove venivo io? E che ci facevo qui? Tutto attorno a me sembrava folle, camminavo impaurita in terra straniera con in tasca i miei perché.

Mi sentivo come un libro, solo che la mia storia era cominciata molte pagine prima...prima del prologo, prima di ogni preambolo...prima di tutto...ho cercato quel prima per tutta la vita ma era una bugia...la grammatica dell'obbedienza mi costringeva in poesie senza rime, dove la realtà prosaica di una materia informe assumeva le sembianze di vecchie cicatrici.

Mi porto addosso il tempo di un'idea, e l'idea non ha famiglia. L'idea è solitaria come il rifiorire della sera. Mi chiedo se io sia mai stata qui, se ti ho incontrato davvero, o se ho sognato di esistere perché avevo bisogno di inventarti. Ho corteggiato la notte affinché mi concedesse il giorno, e quando l'ho ottenuto ho conosciuto l'effimero e ho avuto paura...ma io scrivo, perché come tutti gli uomini sono alla ricerca di quella continuità che annulli il "prima"...non nasce la scrittura, perché lei emerge dalle onde dove è sempre stata, e nelle onde continua a lasciare la sua scia... scrivo...perché mi rende eterna.

E' curiosa la vita...ci sei dentro fino al collo ma sembra quasi che tu non lo sappia...devi romperti il naso e sanguinare di dolore per sapere che è lì e che ti appartiene...o sei tu che appartieni a lei? O forse...nessuno appartiene a nessuno? In questa Esistenza obliqua vivo ancora di infatuazione, non so se troverò le mie risposte, ma un buon libro, si sa, non lascia intendere il finale...scrivo pagine aperte, rotolando nel fatuo, l'Imperituro mi sorprenderà...
surya - http://www.studiogayatri.it/ -

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